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Necrpopoli
NECROPOLI

Nel 2001, tra via 1° Maggio e via Rimembranze, appena fuori Porta Romana, nel corso dei lavori di demolizione dell’Ex-Consorzio Agrario, venne messa in luce un’estesa necropoli. All’interno dello spazio coinvolto dalle indagini archeologiche, che corrisponde a un’area di 184 m2, sono emerse 52 tombe, di varie tipologie. Dalla stratigrafia e dall’analisi dei corredi è stato possibile stabilire che le tombe più antiche risalgono alla fine del IV sec. a.C. e che il sito continuò ad essere frequentato fino al II sec. d.C. Si tratta dunque di una scoperta molto importante in quanto testimonia un’epoca di passaggio tra Ellenismo e romanizzazione e permette di considerare da vicino, alla luce della cultura materiale, le trasformazioni occorse con l’arrivo di Roma e l’affermarsi di nuovi stili di sepoltura confacenti a nuove realtà sociali.

Le tombe a cassone hanno restituito i corredi più ricchi, appartenenti a membri dell’élite locale. I cassoni erano costituiti da una fossa rettangolare rivestita da grandi e spesse lastre di pietra calcarea locale, all’interno delle quali era possibile deporre fino a sette individui. Ricoprivano la fossa all’esterno blocchi della stessa pietra, disposti su tre file sovrapposte, a formare una sorta di segnacolo che attestava la presenza della sepoltura. Alle tombe a cassone si affiancavano anche fosse prive di rivestimento, spesso scavate a ridosso delle pareti dei cassoni e più tardi sarcofagi monolitici, di piccole dimensioni, ricavati da un unico blocco di limo travertinoso scavato all’interno e con lastra di copertura. L’epoca romana portò con sé nuove trasformazioni: le vecchie deposizioni furono depredate, si riutilizzarono cassoni e sarcofagi, a ridosso o all’interno dei quali vennero deposte urne cinerarie. I resti ossei antropici rinvenuti nei cassoni e nei sarcofagi attestano che queste antiche genti dell’Umbria praticavano i riti dell’inumazione e dell’incinerazione: nelle tombe, accanto ai resti degli inumati, le ossa combuste degli individui cremati si trovavano frammiste agli oggetti del corredo, come vasi per cosmesi ancora contenenti oggetti per la cura del corpo e residui di belletto, balsamari plastici di forme insolite, unguentari in alabastro dall’Egitto, suppellettile da mensa, vasi per libagioni.

La tomba 52 ha restituito uno dei corredi più ricchi: vasi di bronzo, specchi, avori, gioielli, armi. Gli oggetti assumono in questo caso la funzione di simboli di status, indicano l’appartenenza dell’individuo a una famiglia di alto rango oltre a rivelare la stratificazione sociale e il livello economico raggiunto dalla comunità amerina alla luce dei cambiamenti occorsi in Italia centrale tra l’età ellenistica e l’avanzare della romanizzazione. I resti faunistici rinvenuti accrescono l’attrattiva che può esercitare la necropoli dell’ex-Consorzio, per lo spaccato di vita quotidiana che ci offrono. Ossa di bovini, suini, ovini, oltre a galline, anatre, cavalli e rara selvaggina, residui di offerte consumate in occasione del banchetto funebre, testimoniano la grande vitalità di attività economiche di sussistenza collaterali al commercio e la ricchezza del patrimonio faunistico di una zona ad antichissima vocazione agricolo-pastorale e venatoria, oltre che produttrice di legname in un paesaggio caratterizzato dall’abbondanza di boschi.

Di un cane con un campanello di bronzo al collo, sepolto accanto a un bambino, è stato rinvenuto lo scheletro, perfettamente conservato. È visibile ora in una teca al piano terra del Museo Civico, accanto agli altri ricchi materiali appartenenti ai corredi delle tombe di questa necropoli