La strada che conduce a Macchie, che inizia appena fuori dall’abitato di Amelia dopo aver attraversato il ponte di origini romane, è uno scenografico tragitto che offre ai passanti una piacevole e rilassante vista a diretto contatto con la natura. Macchie, che si trova a un’altitudine di 552 metri, è Caratteristico insediamento sito in territorio montano dove sono ancora vive le tradizioni dei cacciatori e dei boscaioli. Citato nei documenti d’archivio come l’antico “Castrum Machiae” (o “Maclis”), deve infatti il suo nome ai rigogliosi boschi che lo circondano. La storia di Macchie è direttamente legata alle vicende di Amelia della quale fu suo possedimento, importantissimo per l’approvviggionamento di legname.
Data la sua posizione geografica di confine con i territori sottoposti al dominio del Comune di Todi e quelli controllati dalla casata dei Liviani di Alviano (famiglia di antiche origini longobarde), Macchie subì numerose distruzioni, ad esempio nel 1405, in seguito alla quale Comune di Amelia fu costretto ad intervenire per provvedere al rafforzamento della sua cerchia muraria. Nel corso del XVI secolo il castello venne nuovamente devastato per mano di Blaxino degli Atti di Montecampano e Aloisio Liviani da Alviano, fratello del ben più celebre condottiero e capitano di ventura Bartolomeo da Alviano (Todi 1455 – Ghedi/Brescia 1515).
La leggenda vuole che l’imperatore Federico Barbarossa si fermò in questa collina, arrestando qui il suo cammino verso Roma, devastata in quell’epoca da un’epidemia di peste. Dell’antico castello restano alcuni tratti delle mura, una parte del torrione angolare e l’arco di ingresso al borgo. L’antica chiesa parrocchiale, dedicata a San Nicola di Bari, ha subito un radicale riammodernamento negli anni Trenta del Novecento, risultando pertanto stravolte le sue originali strutture architettoniche. Appena fuori del paese si trova la chiesa detta della Madonna del Colle