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Palazzo Petrignani
PALAZZO PETRIGNANI

L’edificio, nobile residenza dei Petrignani, fu ampliato e completamente restaurato alla fine degli anni ’80 del Cinquecento su progetto dell’architetto pontificio Ottaviano Mascarino. Il portale, di spiccata fattura mascariniana, presenta nella zona nascosta del cornicione simboli araldici scolpiti che richiamano le insegne dei Petrignani (trimonzio) o di famiglie imparentate con la casata amerina (le rose dei Nini, le palle dei Boccarini).

L’iscrizione «Bartholomeus Petrignanus MDLIII», scolpita in una targa di pietra murata all’ingresso del piano nobile, è da riferire a una prima fase dei lavori e coincide con l’anno del matrimonio di Teodorina Cansacchi con Bartolomeo, intestatario dell’edificio e fratello dell’arcivescovo Fantino Petrignani, uomo di curia, governatore e diplomatico, noto per aver ospitato il Caravaggio nei suoi esordi romani. L’architettura dell’edificio doveva essere conclusa nel 1592, quando Bartolomeo, volendo decorare le sale del suo palazzo, chiamò ad Amelia i fratelli Alberti di Sansepolcro che, tuttavia, dovettero declinare l’invito. Le volte delle stanze, ricoperte di una ricca partitura pittorica distribuita in otto ambienti, fu eseguita in almeno due fasi, tra l’ultimo decennio del Cinquecento e il primo del Seicento. Dopo la rinuncia da parte dei fratelli Alberti, le prime sale del palazzo furono affrescate da artisti legati a una tardiva maniera di matrice romano-umbra, fortemente segnati dallo stile del maestro Livio Agresti da Forlì nei primi anni ’70 del Cinquecento.

Tra le diverse mani impegnate nella decorazione è stato individuato l’amerino Tarquinio Racani, il durantino Giustino Episcopi mentre è solo ipotizzabile la presenza nel cantiere pittorico di Palazzo Petrignani dell’Amerino Liotardo Piccioli, fedele aiuto dell’Agresti. L’équipe amerina si servì nella decorazione di un vasto repertorio di incisioni (Raimondi, Caraglio, Cavalieri, Galle, Cort, Sadeler, Collaert), e di appositi repertori mitografici (Le immagini degli Dei di V. Cartari, Venezia, 1571). Le sale interne possono essere così distinte: La cappella e l’anticappella, Il salone dello zodiaco, La sala di Costantino e Massenzio, La sala dell’Albornoz, La sala di Eraclio, La Sala dei Somaschi, La sala di Strigonia. per saperne di più sul ciclo degli affreschi consulta il QrCode.

La cappella e l’anticappella I soggetti raffigurati nei due ambienti sono strettamente legati al tema del matrimonio cristiano di cui, nell’anticappella, si offre al centro una rappresentazione allegorica. La cappella, probabilmente incompiuta e rimasta sprovvista di altare, presenta una decorazione tra le più sofisticate, curate e stravaganti del palazzo. Domina il soffitto la Creazione di Eva, attribuita all’Episcopi. Il salone dello zodiaco Il salone, di vaste proporzioni e notevole impegno decorativo, fu pensato, probabilmente, come cornice aulica per gli incontri e le cerimonie della famiglia Petrignani. La volta è decorata da quadri riportati, grottesche e dagli stemmi dei pontefici serviti da monsignor Fantino (Pio IV, Gregorio XIII, Gregorio XIV, Clemente VIII).

Prevale al centro la scena di Leone Magno che respinge Attila, copia interpolata dall’originale di Raffaello nelle stanze vaticane. Alle attività della terra, da cui la famiglia Petrignani ricavava le proprie rendite, è dedicato il ciclo dei mesi nelle lunette e i medaglioni con i quattro elementi (terra, acqua, aria, fuoco). Dal cielo alla terra si giunge, nei sopraporta, alle piante di quattro città: Firenze, Roma, Bologna e Milano.

 

La sala di Costantino e Massenzio

È l’anticamera del Salone. Il soggetto del quadro centrale celebra la vittoria dell’imperatore Costantino, della Roma cristiana contro la Roma pagana.
I riferimenti all’impero si moltiplicano negli stemmi angolari e nelle due vedute dipinte nella parete sinistra dell’andito: Costantinopoli, costellata di mezzelune ottomane, e Praga.

La sala dell’Albornoz

L’ultima sala nella quale lavorò l’officina amerina prende il nome dalla scena del riquadro centrale nel quale si ricorda la riconquista di Amelia al patrimonio di S. Pietro da parte del cardinale Egidio Albornoz (1310-1367). Agli angoli i quattro stemmi cardinalizi (Bonelli, Ghislieri, Orsini, Sfondrati).
La complessa decorazione intorno al riquadro centrale è un tripudio di grottesche tra le quali si inseriscono episodi mitologici e immagini allegoriche.

La sala di Eraclio

Con la sala di Eraclio comincia la seconda fase decorativa del palazzo affidato al pittore sabino Marzio Ganassini e alla sua bottega (1607 ca.).
La vittoria dell’imperatore bizantino è ambientata sotto le mura di Ninive e nei pressi del fiume Tigri la cui personificazione compare in primo piano. Nelle due porzioni minori della volta prosegue il ciclo mitologico con la divina coppia di Nettuno e Anfitrite.
L’immagine dell’Annunciazione nella parete destra qualifica la stanza come ambiente privato polivalente, destinato a camera o anticamera.

La sala dei Somaschi

Al centro della sala è dipinta la Fondazione ad Amelia del collegio di S. Angelo dei Somaschi nel 1601. La serie degli stemmi è tutta vescovile: tra i quattro si riconoscono le armi dell’arcivescovo Fantino e quelle di monsignor Graziani, presule di Amelia tra il 1592 e il 1611.

La sala di Strigonia

La stanza ha le dimensioni di un camerino forse destinato a una piccola armeria. Panoplie e cannoni scandiscono il partito decorativo, mentre sulle vele minori della sala trapezoidale vengono poste al centro due figure femminili loricate identificabili con Atena e Venere armata. Nel riquadro centrale si rappresenta l’Assedio di Strigonia del 1595 che vide l’esercito imperiale e pontificio vittorioso sui Turchi. Nella mappa militare si distinguono chiaramente le bandiere pontificie di Clemente VIII contrapposte alle mezzelune turche dei vessilli islamici sventolanti sulle torri della città. Agli angoli quattro stemmi con corona di conte, e tra questi le armi di Mario Farnese, rimasto ferito proprio a Strigonia, e lo stemma Malatesta, forse riferibile a Carlo Felice Malatesta, condottiero nella Lunga guerra e futuro generale della Chiesa in Avignone.