Praticamente adiacente alla porta, sorge la chiesa ottagonale di Santa Maria in Posterola, situata in fondo a un vialetto laterale, conosciuta, per un breve periodo, con il nome di Santa Maria dell’Olmo. Venne costruita per salvaguardare un’immagine ritenuta sacra della Madonna con il Bambino tra i Santi Antonio Abate e San Giacomo (affresco del XV sec.) oggi sull’altare maggiore. Il dipinto era stato fatto per indicare ai pellegrini romei e iacobei che percorrevano l’antica via Amerina che in quel luogo (dentro la porta) c’era un ospitale ove potevano essere accolti, ospitale aperto dalle monache Benedettine dopo la chiusura di quello di san Giacomo in rendere a seguito di diatribe sulle proprietà donate allo stesso e gestito da un ospitaliare nominato dell’abbazia, sempre benedettina, di San Paolo fuori le mura.
Nell’accordo fatto con i frati Cappuccini era stata comunque mantenuta, sia una piccola foresteria presso il convento, che il culto di San Giacomo, testimoniato dalla grande tela dedicata al Santo sopra il primo altare a sinistra. È interessante notare che Il san Giacomo presente nel dipinto della chiesa di Santa Maria in Posterola è raffigurato senza barba e di aspetto giovanile, in genere sempre uomo maturo e con la barba bianca. Secondo il prof. Paolo Caucci von Saucken, si tratta probabilmente di un unicum. L’edificio ospita altre opere di pregio: un bel dipinto seicentesco raffigurante la Crocifissione con la Vergine e San Girolamo del pittore amerino Liotardo Piccioli, allievo dell’Agresti, presente nel locale della Confraternita di San Girolamo tuttora operante ed un prezioso organo del Settecento, realizzato dal maestro Orazio Fedeli, membro della celebre famiglia di organari che visse ed ebbe bottega ad Amelia nel XVIII sec. a cui si può accedere da un ingresso esterno alla chiesa. Uscendo fuori le mura attraverso Porta Posterola e seguendo Via Luciano Lama, ci si può affacciare da un belvedere da cui si gode il paesaggio circostante il colle di Amelia, a tratti coltivato, a tratti boschivo, racchiuso da una corona di colline (i monti Amerini) e segnato dal corso di un torrente, il Rio Grande, che si trasforma nelle vicinanze della città nel Lago Vecchio, per effetto dello sbarramento della suggestiva diga detta “La Para” che risale addirittura al XIII sec.
Questo bacino artificiale serviva in passato per il funzionamento di mulini ad acqua: il torrente, attraverso due distinti canali, defluiva infatti a valle e le sue acque erano così utilizzate per azionare le pale dei mulini. L’invaso, non svolgendo più la sua funzione di accumulo delle acque, è oggi utilizzato a scopi turistico – ricreativi. In lontananza si ammira inoltre uno scenografico viale alberato di cipressi che conduce a una delle più belle residenze di campagna tuttora esistenti dell’amerino, Villa Aspreta, rifacimento settecentesco di una preesistente struttura di costruzione cinquecentesca il cui progetto, come per Palazzo Farrattini, è forse dovuto al grande architetto rinascimentale Antonio da Sangallo il Giovane (Firenze 1484 – Terni 1546) . L’edificio si presenta molto alto e massiccio con un corpo rettangolare elevato su due piani, preceduto da una sontuosa ed elegante scalinata in pietra bianca ad unica rampa allineata con il viale d’ingresso, che si divide in due volute che girano intorno ad una terrazza belvedere centrale, sostenuta da colonne. Ai lati ed in cima alla scalinata si sviluppa il giardino con siepi di bosso, palme, oleandri e cedri del Libano.